ADDIO CAPITANO: tutta la Roma piange, ma basta polemiche | “Lo faremo per lui”: incidente diplomatico chiuso
Già alle prese con una stagione difficile il club giallorosso si rende protagonista di una nobile iniziativa: polemiche silenziate.
Portare la fascia da capitano al braccio di una squadra di calcio è un onore, ma anche un onere. Non a caso si sta parlando di uno dei pochi sport di squadra nel quale il capitano è riconoscibile proprio da quel pezzo di stoffa che stringe il braccio destro o sinistro.
Non accade nel basket e nel volley, nell’hockey, nel baseball o nel rugby, ed un motivo ci sarà. In ogni sport di squadra esiste la figura del capitano, ma solo nel pallone il leader è visibile a tutti proprio grazie a quel segno distintivo. Ed il motivo non è da ricondurre solo alla necessità di identificare un giocatore deputato a rapportarsi con l’arbitro.
Ogni squadra sceglie il capitano in base a regole non scritte. La moda recentissima è quella della fascia “itinerante”, della quale quest’anno si è fatto portatore l’allenatore della Juventus Thiago Motta, che nella prima metà abbondante di stagione ha proposto addirittura sette capitani diversi.
D’accordo che i bianconeri siano in trasformazione e che il messaggio tutt’altro che implicito è che il vero capitano della nuova era sia “il gruppo”, ma la mobilità dei gradi non ha convinto tifosi e opinione pubblica. Ogni squadra ha bisogno di un capitano ufficiale e riconosciuto dai compagni, a prescindere da quali siano le modalità individuate per sceglierlo, che si tratti di anzianità di servizio o di doti innate da leader.
La Roma non dimentica i propri miti: l’omaggio che commuove i tifosi
In un club come la Roma, ad esempio, il capitano itinerante non sarebbe proponibile. Il forte attaccamento dei tifosi alla squadra necessita di “consegnare” al popolo giallorosso una figura di riferimento, che nella maggior parte dei casi è coincisa con una bandiera, meglio se romana doc e cresciuta nel vivaio. Da Amadei a Di Bartolomei, da Giannini a Totti e De Rossi, gli esempi sono molteplici e famosi.
Le eccezioni non sono però mancate e il riferimento è a chi pur essendo nato lontano dalla Capitale è riuscito a farsi amare dai tifosi, avendo legato tutta la propria carriera ai colori giallorossi. Stiamo parlando di Giacomo Losi, cremonese di nascita, ma terzo nella classifica all time di presenze, con 386 gettoni accumulati dal 1954 al 1969, e scomparso nel febbraio 2024 a 88 anni.
Caso chiuso, il ricordo della bandiera senza tempo unisce tutti
Un anno dopo il club ha deciso di omaggiare l’ex difensore intitolandogli un campo del centro sportivo “Fulvio Bernardini” di Trigoria. A darne notizia è stato lo stesso club giallorosso, che equipara quindi Losi ad Agostino Di Bartolomei e ad Amedeo Amadei, le altre due leggende romaniste che hanno ricevuto questo omaggio. Un’iniziativa che non può che far felice tutto il popolo giallorosso, profondamente attaccato a Losi che nel corso degli anni ha mantenuto vivo il proprio amore per la Roma, vivendo nella Capitale e recandosi all’Olimpico fin quando la salute gliel’ha consentito.
L’iniziativa permette inoltre di spegnere in via definitiva le polemiche scoppiate dopo che al funerale di Losi la Roma si era limitata a far pervenire una corona di fiori e a inviare quattro ragazzi del settore giovanile, senza rappresentanti della prima squadra. Ne nacque un vero e proprio incidente diplomatico, chiuso dalle scuse ufficiali dell’allora allenatore giallorosso Daniele De Rossi alla famiglia di Losi, prontamente accettate. Ora il legame tra la storia della Roma e “Giacomino” si rafforza ulteriormente e si tramanda alle nuove generazioni di giocatori che si alleneranno nel campo a lui intitolato.