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Il calcio è vita, il lavoro è… morte: l’ex stella inglese e la storia della sua impresa di pompe funebri | Come è andata a finire

Nazionale inglese - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Nazionale inglese – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

La vita dopo l’addio al calcio può regalare infinite sorprese: non sempre restare nell’ambiente può essere l’idea giusta per avere successo.

Will it comeback home? Il tormentone con cui i tifosi inglesi hanno accompagnato la finale di Euro 2021 contro l’Italia, finita come tutti sappiamo, non si è rivelato benaugurante per la nazionale dei Tre Leoni. No, la Coppa non è tornata a casa e il sogno non si è realizzato neppure un anno e mezzo dopo al Mondiale in Qatar.

Non resta quindi che provare a declinare la frase al futuro. “Tornerà a casa? E se sì, quando?” Nel caso degli Europei in realtà più che un “tornare” si tratterebbe di una prima volta, non avendo l’Inghilterra mai vinto la competizione. Per quanto riguarda i Mondiali, invece, nel 2026 si celebrerà un anniversario certo non esaltante per i padri fondatori del calcio.

L’estate del secondo Mondiale della storia negli Stati Uniti, che ospiteranno la manifestazione insieme a Canada e Messico, sarà infatti quella del 60° anniversario dall’unico successo dell’Inghilterra nella coppa del mondo. Era il 1966 quando, nell’edizione disputatasi proprio nella terra d’Albione, la squadra allenata da Sir Alf Ramsey ebbe la meglio sulla Germania Ovest al termine di una finale divenuta leggenda.

Dopo tanti anni all’insegna delle delusioni sembrava potersi trattare dell’inizio di un’epopea vincente in anni fecondi per le squadre inglesi nelle coppe grazie alle imprese del Manchester United e invece già ad Euro 1968 i campioni del mondo in carica si fermarono in semifinale nell’edizione che vide trionfare proprio l’Italia.

Una vita da bandiera e un Mondiale in bacheca: l’Inghilterra e il suo eroe silenzioso

Come inevitabile che sia tutti i giocatori della rosa dell’Inghilterra campione sono entrati nel mito. Dal triplettista Geoff Hurst al portiere Gordon Banks, da capitan Moore ai fratelli Charlton, fino a chi non è passato alla storia per le proprie qualità tecniche, essendo comunque un tassello fondamentale nel gioco di Ramsey. Come il terzino sinistro Ray Wilson, uno dei giocatori che non saltò neppure un minuto delle sei partite giocate dall’Inghilterra.

Nativo del Derbyshire, Wilson è stato una bandiera dell’Huddersfield prima di trasferirsi all’Everton e proprio da giocatore dei toffees ha partecipato alla trionfale campagna iridata 1966, che coronò la sua carriera a 32 anni, giocatore meno giovane dell’intera rosa. Considerato uno degli esterni sinistri difensivi più forti di sempre, Wilson appese le scarpe al chiodo nel 1971 a 37 anni e non è rimasto nel mondo del calcio, seppur la passione per il suo Huddersfield, per il quale ha giocato per 12 anni, non sia mai venuta meno.

Ray Wilson con la maglia dell'Inghilterra - Fonte X - Ilgiornaledellosport.net
Ray Wilson con la maglia dell’Inghilterra – Fonte X – Ilgiornaledellosport.net

La nuova vita da imprenditore, poi il declino e la morte: il dopo calcio di Ray Wilson

Wilson decise infatti di dedicare il post-carriera a un’attività molto particolare, seppur redditizia, avendo aperto proprio ad Huddersfield un’agenzia di pompe funebri. Il resto si è trasformato purtroppo in slogan giornalistici di dubbio gusto, con approfondimenti su “Wilson il becchino” che non hanno reso il giusto onore ad un uomo dal carattere schivo, che ha vissuto una carriera nell’ombra, pur potendo vantare ottime qualità tecniche, e un dopo calcio all’insegna del profilo basso.

Wilson è venuto a mancare nel 2018, dopo una lunga battaglia con il morbo di Alzheimer, lasciando un profondo sgomento ad Huddersfield, dove fino a quando la salute gliel’ha consentito capitava spesso di vederlo trepidare al mitico ‘John Smith’s Stadium’ per le sorti dei Terriers, ma sempre in incognito, lontano da clamori e riflettori. La sua attività è stata poi ereditata dal figlio.