“Qui ci sono le mie radici, è il Paese che amo”: l’ex stella del Real Madrid oggi è finito a fare il pescatore. “È la mia vita”
Il calcio gli ha dato titoli e ricchezza, ma oggi è solo un lontano ricordo: l’ex campione ha scoperto la vera felicità tornando alle origini.
Ogni ruolo, nel calcio, ha una propria storia, fatta di interpreti entrati nel mito e di altri meno memorabili. Una storia associata speso al numero di maglia, almeno per i tempi in cui i giocatori scendevano in campo con sulla schiena i numeri dall’1 all’11.
Per ciascun tifoso poteva quindi essere facile legarsi a chi indossava la divisa recante la cifra dei propri sogni di bambino. Chi si vedeva portiere chiudeva gli occhi e vedeva il numero 1, chi nel giardino di casa impazziva per i dribbling si vedeva numero 7 o 11.
E ancora chi puntava ad un ruolo da protagonista preferiva il 9, il numero dei bomber, oppure il 10, quello dei fantasisti, in grado di accendere gli spalti o di risolvere una partita anche solo con una giocata. E chi era pronto a votarsi a una carriera di fatica si vedeva con il numero 4.
La corsa sulla fascia era la prerogativa dei numeri 2 e dei 3, i terzini di una volta, quelli chiamati a correre su e giù per 90 minuti. Un tempo si chiedeva loro solo di spingere e crossare, oggi serve anche saper fare una dignitosa fase difensiva. Sarà perché nel mondo ci sono più destri che mancini, fatto sta che proprio il ruolo del terzino sinistro ha fatto disperare per anni parecchie grandi squadre, in Italia e non solo.
Ha vinto la ‘Decima’ da titolare, ma oggi il calcio non gli interessa più: “La mia vita è un’altra”
Dalla Juventus, che per anni ha inseguito l’erede di Antonio Cabrini, fino all’Inter, che si era ritrovata in casa un giovane Roberto Carlos, salvo non saperlo “capire”. Il brasiliano ha fatto la storia della Seleçao e del Real Madrid e a propria volta i Blancos hanno cercato per anni il suo erede, per poi trovarlo parzialmente nel connazionale Marcelo. La storia di uno di coloro che si è ritrovato addosso questa etichetta fa capire quanto vincere trofei e guadagnare bene possa non rappresentare la felicità.
Nel Real di Carlo Ancelotti passato alla storia nel 2014 per aver vinto la Decima il titolare della fascia sinistra difensiva nella finale di Lisbona contro l’Atletico Madrid era Fabio Coentrao, con Marcelo in panchina. Per il ragazzo nato alla periferia di Oporto, ma divenuto grande proprio a Lisbona con il Benfica, fu un sogno che si realizzava, dopo quello di essere approdato nella squadra più forte del mondo e di giocare per la propria nazionale.
Dalla fascia alla nuova vita da imprenditore: l’ex terzino ha trovato la vera felicità
Quella notte Coentrao conquistò uno dei suoi 10 trofei vinti con il Real, con cui ha giocato dal 2011 al 2017. Titoli che oggi appartengono a una dimensione passata. Non rinnegata e neppure dimenticata, ma non in grado di dare la vera felicità, quella che Fabio provare dal 2021, dopo l’addio al calcio e l’inizio dell’attività di pescatore.
Oggi Coentrao vive a Caxinas, ha una barca chiamata Vitória Coentrão, lavora con circa cinquanta persone ed è orgoglioso di dichiararlo: “Qui ci sono le mie radici, sin da quando sono nato. Pescare mi è sempre piaciuto e mi rende felice. Questa è la vita che voglio avere” ha dichiarato in un’intervista al canale digitale portoghese Empower Brands Channel, nel corso del quale è stato definito “il volto di una nuova generazione di imprenditori che crede nell’economia marittima”. “Non c’è da vergognarsi a condurre questa vita” ha aggiunto Coentrao, felice di aver realizzato anche il secondo sogno della propria vita. Il primo era giocare per il Real Madrid. Sì, coronare i propri sogni aiuta a vivere meglio.