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Dall’Argentina con Messi a guidare UBER: la parabola dell’ex stella | “Siamo stati sempre umili”: ma il padre spera ancora in qualcosa per lui

La nazionale argentina di calcio - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
La nazionale argentina di calcio – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Arrivare in alto è difficile, restarci di più: la storia della meteora argentina, passata da un giorno da leone ad una nostalgica quotidianità.

Un vuoto lungo 28 anni. Tanto è durata l’astinenza di successi della nazionale argentina, prima che il tappo saltasse e le nuove generazioni di tifosi riuscissero a raccogliere quelle soddisfazioni sconosciute per tanti “colleghi”.

Da Gabriel Omar Batistuta, mattatore della Copa America ’93, fino a Leo Messi, simbolo dell’Albiceleste che da tre anni sa solo vincere. Due edizioni della Copa America, nel 2021 e nel 2024, e in mezzo Finalissima e Mondiale nell’anno magico 2022.

Per la Pulce si è trattato di trionfi in grado di legittimare una carriera, nonché di farla passare da memorabile a leggendaria, essendo riuscito ad eguagliare e poi a migliorare il palmares del mito Diego Armando Maradona, trascinatore a Messico ’86, ma mai vincitore in Copa America.

Stesso traguardo raggiunto da Angel Di Maria, che è riuscito a riempire la propria bacheca anche con l’amata nazionale, ma non da un lungo elenco di campioni che avrebbero meritato le stesse gioie e che possono solo rimpiangere di aver sbagliato… generazione.

Ha giocato con il più forte di tutti e sfidato il Brasile, ma poi ha dovuto cambiare mestiere

Da Hernan Crespo al Kun Aguero, da Javier Zanetti a Gonzalo Higuain, per tutti questi miti ci sono state solo delusioni e lacrime, tra Mondiali fallimentari o Cope America perse in finale. Un po’ meglio è andata alle Olimpiadi, con i titoli 2004 e 2008, ma proprio da un’avventura a Cinque Cerchi prese il via il sogno, presto tarpato, di una meteora del calcio argentino.

José Luis Gomez ha fatto parte della rosa selezionata dal ct José Olarticoechea per Londra 2016. Con lui, tra gli altri, Giovanni Simeone e Giovani Lo Celso. Andò male, l’Albiceleste fu eliminata dopo la fase a gironi, ma per Gomez il bello doveva ancora venire. Classe ’93, prodotto del vivaio del Racing, il 9 giugno 2017 fu schierato titolare dal ct Sampaoli nel Clasico contro il Brasile, match di qualificazione al Mondiale 2018, con tanto di inno vissuto abbracciato a Messi. La gloria però è un venticello, una brezza che inebria, ma che sa essere illusoria.

Leo Messi e José Luis Gomez durante Argentina-Brasile del 2017 - Fonte X - Ilgiornaledellosport.net
Leo Messi e José Luis Gomez durante Argentina-Brasile del 2017 – Fonte X – Ilgiornaledellosport.net

Dalla fascia al volante, ma la speranza c’è sempre: “Sono felice solo in campo”

Fu quello il punto più alto della carriera di Gomez, che da quel momento dovette iniziare a lottare contro una sequenza di infortuni che non gli ha dato tregua, ultimo quello al ginocchio che nel 2018 gli precluse la convocazione per Russia 2018 e l’approdo al Barcellona dell’amico Messi, fino a costringerlo ad accontentarsi di ingaggi in squadre di medio livello e addirittura a cercarsi un altro lavoro per vivere.

Intervistato da Olé nel 2023 il padre di Gomez ha raccontato la malinconica quotidianità del figlio, rimasto lontano dai campi causa infortuni dal 2021 alla fine del 2023: “Nel pomeriggio guida una Uber, a volte anche la sera. Siamo sempre stati una famiglia umile e José ci aiuta. Spero che gli capiti qualcosa di positivo da qui a fine anno, perché per essere felice ha bisogno di tornare in campo”. Non è andata così, o comunque solo in parte, perché Gomez gioca ancora nel San Martin, il club che dà all’ex nazionale la possibilità di coniugare calcio e un altro lavoro. Da quest’anno, tuttavia, il San Martin milita nel massimo campionato argentino. Forse per José ci sarà meno tempo per gli Uber la sera, ma di più per sperare in una chiamata di un grande club, in grado di farlo tornare indietro nel tempo a quel 9 giugno ’17 dei sogni.