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Basta, calcio ho chiuso: mi apro una tabaccheria | Pazzesco, lo ha fatto davvero: “Ma è il mio sogno”

Tifosi del Messina - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Tifosi del Messina – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

C’erano una volta i bomber di provincia: la storia di uno degli ultimi ad avercela fatta partendo dal basso, ma adesso ha cambiato vita.

“Il Napoli non sia più una squadra di passaggio, mi auguro che quello di Kvara sia l’ultimo caso”. Con queste parole, intrise di amarezza, Antonio Conte ha commentato la trattativa-lampo che ha portato Khvicha Kvarastkhelia al PSG, di fatto solo con sei mesi di ritardo rispetto ai desiderata dell’esterno d’attacco georgiano.

Il tecnico del Napoli ha così provato a mascherare quella delusione della quale aveva parlato pochi minuti prima, quel senso di frustrazione per non essere riuscito a far cambiare idea neppure al secondo eroe dello scudetto 2023 desideroso di cambiare vita, dopo Victor Osimhen. Ai tifosi non resta che guardare avanti e mandare a memoria l’ennesima lezione: i sentimenti nel calcio non esistono più.

La domanda di fondo è però un’altra. La Serie A è davvero un campionato di passaggio? Se lo è ancora, lo è meno di qualche anno fa e comunque le società in grado di sedurre i top players con stipendi da sogno sono sempre meno. Certo, c’era un periodo in cui il calcio italiano era la terra promessa dell’intero movimento e un altro, successivo, nel quale pur iniziando a perdere appeal si riusciva ancora ad attirare campioni nel pieno delle forze.

L’ultima età dell’oro del calcio nostrano risale alla fine del primo decennio del 2010, in concomitanza con le ultime due Champions League vinte dalle italiane, il Milan nel 2007 e l’Inter nel 2010. Anni in cui, a cavallo dello scandalo di Calciopoli, talenti come Zlatan Ibrahimovic sceglievano la Serie A per affermarsi. E in cui provinciali terribili con i propri bomber di provincia riuscivano a ottenere risultati memorabili.

Da tappezziere alla Serie A, la storia del bomber operaio che conquistò San Siro

In quegli anni la Sicilia aveva addirittura tre squadre in Serie A, Catania, Messina e Palermo, club che da tempo riescono ad accumulare solo illusioni e delusioni. Il Messina in particolare seppe salvarsi al termine del campionato 2004-’05, quello del ritorno in A dopo 40 anni di assenza, anche grazie ai 12 gol segnati dal proprio numero 9, che a 30 anni si tolse la soddisfazione di debuttare in Serie A, mostrando di saperci stare benissimo.

Riccardo Zampagna è stato un giocatore naif. “Ignorante” in campo e sincero fuori, a volte forse anche troppo. Ma genuino, come lo era anche la passione per il pallone, coltivata fin da ragazzo, quando però il sogno di vivere di calcio dovette scontrarsi con la dura realtà della provincia. A Terni la famiglia Zampagna doveva sbarcare il lunario, per questo Riccardo iniziò a fare il tappezziere, dilettandosi a segnare valanghe di gol tra i dilettanti dell’Amerina.

Riccardo Zampagna con la maglia del Sassuolo - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Riccardo Zampagna con la maglia del Sassuolo – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Ha sognato la nazionale, ma il suo sogno era un altro: e l’ha realizzato

Solo dopo i 20 anni la situazione si fece seria e le qualità di Zampagna, valorizzate da Walter Sabatini alla Triestina, emersero a tal punto da far capire che era arrivato il momento di abbandonare la prima professione. Il resto è arrivato di conseguenza, dal debutto in A con pallonetto vincente alla Roma al gol a San Siro contro il Milan di tre giorni più tardi, fino alla passione per le rovesciate. Il sogno dell’esordio in nazionale, mai avvenuto, poi l’avventura all’Atalanta, dove diventa un idolo, la lenta discesa e l’uscita dai radar, della quale Riccardo seppe farsi rapidamente una ragione.

Del resto il calcio non è mai stata una ragione di vita per Zampagna, ma solo una passione, come la sua Ternana, come la politica. Così dopo il ritiro eccolo impegnato in mille attività. Dal 2012 al 2016 è stato il titolare di una tabaccheria in pieno centro a Terni e non era raro vederlo dietro il bancone. “Così almeno risparmio” c’avrebbe scherzato sopra, alludendo al vizio del fumo. Poi ha aperto una scuola calcio, ha allenato l’Assisi tra i dilettanti, scritto un libro e fatto tanta beneficenza per l’ospedale di Terni. Perché se parti dal basso poi la testa non te la monti anche se arrivi a segnare a San Siro.