Titolare con Guardiola al City, poi 5 mesi in galera: accuse di stupro e violenza sessuale | Ma ora arriva la rivincita
Vincere il Mondiale e titoli in serie con il proprio club prima di venire travolto da accuse infondate: ora il top player è fuori dal tunnel.
Da squadrone invincibile a bersaglio delle critiche, da approdo naturale e ambito da parte di tutti i giocatori a oasi infelice dalla quale pensare di scappare. Dura la vita delle grandi squadre in crisi e il Manchester City non fa eccezione.
La formazione di Pep Guardiola sta vivendo il momento peggiore da quando è iniziata la gestione del tecnico catalano. L’infortunio di Rodri è un alibi di ferro, ma non può bastare per spiegare certi blackout come quelli subiti contro Feyenoord in Champions e Manchester United in Premier.
Il calcio si conferma quindi una questione a volte più mentale che tecnica, dal momento che ricambio generazionale e preoccupazioni legate al maxi-processo per la presunta violazione del Fair Play finanziario inglese sembrano essere spiegazioni equivalenti per una crisi di difficile soluzione.
Anche dalle parti dell’Etihad, inoltre, hanno sperimentato come la Legge di Murphy sia implacabile quando le cose iniziano ad andare male. Nel caso del City c’è inoltre anche la beffa, dal momento che in attesa del processo che può fare storia il club ha dovuto pagare nel senso letterale del termine le conseguenze di un’altra causa in tribunale.
Dal Mondiale alla galera, ma il calvario del difensore ora è finito
Il club campione d’Europa nel 2022 è stato infatti citato in giudizio da un proprio ex giocatore ed è stato condannato a pagare stipendi arretrati per un totale di circa 13 milioni di euro. Questa causa, quindi, a Manchester l’hanno persa dal momento che l’ex terzino sinistro del club, Benjamin Mendy, è stato prosciolto da tutti i capi d’accusa dei quali era stato accusato nel 2021.
Nel corso dell’estate di quell’anno Mendy venne arrestato dalla polizia del Cheshire con l’accusa di stupro e molestie ai danni di due donne e di una ragazza ancora minorenne. Il campione del mondo 2018 finì in carcere dal momento che secondo l’accusa i fatti sarebbero avvenuti all’interno della propria abitazione. Mendy trascorse cinque mesi in custodia cautelare e il City lo sospese immediatamente, decidendo contestualmente di interrompere il pagamento degli emolumenti fino alla scadenza del contratto, nel giugno 2023.
Manchester City, guai senza fine: risarcimento milionario al proprio ex
Il 2023 è stato però anche l’anno della rivincita per l’esterno, assolto a gennaio per sette dei nove capi di imputazione per i quali era processato e a luglio per i restanti. Pochi giorni dopo Mendy è tornato ad essere un giocatore di calcio, firmando per il Lorient, prima di gustarsi la rivincita con il proprio ex club. Il giudice del lavoro Joanne Dunlop ha infatti sentenziato che se il periodo di prigionia Mendy era impossibilitato a lavorare e quindi la società poteva non pagarlo, negli altri momenti il professionista era disponibile nonostante alcune restrizioni “che erano inevitabili o involontarie da parte sua”.
Il City dovrà quindi corrispondergli quelle mensilità in capo a un rapporto iniziato nel 2017 e durato nel complesso sei stagioni, ma di fatto solo quattro da giocatore effettivo della squadra di Guardiola. Pur senza mai diventare titolare fisso Mendy seppe imporsi grazie alla propria fisicità e alle proprie qualità soprattutto in fase di spinta. A 30 anni il ritorno nel grande calcio non è ancora precluso, ma ciò che più conta è aver scacciato l’ombra di quelle accuse infamanti. “Tanti altri giocatori del City parteciparono alle mie feste. La differenza tra me e loro è che sono stato io quello falsamente accusato di stupro e umiliato pubblicamente” avrebbe poi detto Mendy al termine del processo.