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Da mito al Brescia, alle manette per rapina: “Ma non sbaglio più”: l’ex numero 1 si è rialzato facendo il cameriere in un bistrot

Tifosi Brescia - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Tifosi Brescia – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Per i tifosi delle Rondinelle è un mito, ma dopo aver appeso i guantoni al chiodo non glien’è andata dritta una: ora la lezione è stata imparata.

Dura la vita dei portieri. Perché il privilegio di osservare la partita dalla miglior posizione possibile, almeno sul campo, e di non correre per 90 minuti è abbondantemente bilanciato da altri svantaggi non solo teorici.

In primo luogo il rischio di sentirsi un corpo estraneo alla squadra, in particolare nelle formazioni più competitive. Quelle che giocano sempre all’attacco e che sono così forti da non far quasi neppure avvicinarsi gli avversari alla propria porta.

“E io che ci sto a fare?” pensa il povero portiere, solo e quasi dimenticato anche durante i festeggiamenti dei gol, come ci tramanda anche la letteratura dai tempi di Umberto Saba. Solo che poi capita che un tiro prima o poi arrivi e farsi trovare impreparato è fortemente sconsigliato…

Eppure portieri si nasce, anche se non sempre. A volte accade che la vocazione sia talmente spiccata da palesarsi fin da quando si iniziano a tirare i primi calcio, spesso però, e questa non è letteratura, si finisce tra i pali perché con i piedi non ci se la cava benissimo, anche se nell’era del giochismo prima o poi verrà meno anche questa tradizione…

Dal Mondiale alla Serie B: le acrobazie del portiere non solo sul campo…

Certo, quando tuo padre è un portiere e quando nasci nella stessa città di chi diventerà un mito del ruolo, il tuo destino sembra segnato… Quello di Gilbert Bodart è stato comunque un gran bel destino. Perché per fare una carriera di così alto livello pur avendo iniziato nell’ombra del mito di Michel Preud’Homme, nato a Ougrée appena tre anni prima di Gil, di talento devi averne avuto.

Bodart è stato una bandiera dello Standard Liegi tra anni ’80 e ’90, quelli più fertili di sempre per il calcio belga in quanto a portieri, essendo stata l’era di un altro mito come Jean-Marie Pfaff. Di conseguenza Gilbert non ha avuto tanta fortuna in nazionale, partecipando però a Messico ’86, per poi avere il coraggio di cambiare paese a 36 anni, approdando in Italia con le maglie di Brescia e Ravenna.

Gilbert Bodart ai tempi della nazionale belga - Fonte X - Ilgiornaledellosport.net
Gilbert Bodart ai tempi della nazionale belga – Fonte X – Ilgiornaledellosport.net

Quando il dopo-calcio diventa un calvario: le uscite sbagliate e l’incubo del carcere

Serie B e neppure di primissimo piano, visto che le Rondinelle fallirono l’obiettivo della promozione in Serie A. Il rendimento fu però elevato al punto che Bodart divenne un idolo dei tifosi. Tutto faceva pensare ad un dopo calcio da ricordare, come allenatore o dirigente, ma purtroppo la vita può cambiare in un attimo, complice qualche scelta sbagliata e problemi finanziari. Nel 2006, da allenatore, Bodart finì in mezzo ad una brutta storia di partite vendute. Poi, nel 2008, finì addirittura in prigione per una condanna a tre anni e mezzo a causa di una rapina nei pressi delle Grotte di Han.

Qualche mese di galera fece crollare il mondo addosso a Bodart, che fu anche accusato di stalking e costretto poi a ricostruirsi una vita lontano dal calcio, addirittura come cameriere in un bistrot di Huy. “Ho passato momenti terribili – avrebbe poi detto in un’intervista – Ma adesso non sbaglio più, nella vita si deve sempre guardare avanti”. L’ottimismo è il sale della vita, anche nei momenti più difficili. Sarà la filosofia del portiere…