Era su tutti i giornali… ora è ‘costretto a venderli’: l’ex Juve ha perso tutto | “Mi sveglio alle 5 del mattino per consegnarli alle edicole”
Restare nel calcio a fine carriera non è per tutti: la storia di chi ha vinto tutto in un top club per poi rifarsi una vita.
Ogni cosa ha il suo nome. Anche nella letteratura calcistica. Del termine “favola” si abusa troppo spesso per parlare di quella che nasce come una piccola storia, salvo poi prendere sostanza e diventare qualcosa con una forma e un orizzonte ben preciso.
Peccato che la favola in senso stretto sia ben altra cosa, ovvero una vicenda fondata su semplicità e umiltà che quasi all’improvviso si trasforma in qualcosa di ben radicato. Come nascano queste radici non è dato saperlo. Per magia, per miracolo, perché è questo poi l’ingrediente delle favole.
Parlando di calcio, in Italia negli ultimi 40 anni ci sono state due “favole” che in realtà non sono tali, perché i risultati ottenuti sono stato frutto di una programmazione lungimirante, oltre che di investimenti di un certo tipo. Quella del Verona e quella della Sampdoria, che a distanza di cinque anni l’una dall’altro hanno portato al traguardo massimo, uno scudetto che non fu però un miracolo.
A conquistarlo furono infatti due organici di un certo spessore, innervati da giocatori che erano punti fermi delle rispettive nazionali e da stranieri di livello assoluto. Altro che favola, insomma, e la stessa cosa si può dire dell’Atalanta, a prescindere che la banda di Gasperini riesca quest’anno a conquistare effettivamente lo scudetto.
Quando l’Atalanta era la succursale delle big: da Bergamo a Torino per vincere tutto
La Dea è ormai iscritta al club delle grandi, spende come una big e ha il fatturato di un club ben più che medio-grande. L’evoluzione è evidente, pertanto i tifosi meno giovani possono pensare con un sorriso ai tempi in cui a Bergamo si faceva la spola tra A e B e si era “famosi” solo per un settore giovanile di primo livello.
Prima la Juventus, poi il Milan divennero clienti fissi delle primizie del vivaio atalantino in grado di svezzare quelli che sarebbero diventati fuoriclasse se non vere e proprie leggende. A Torino si sono goduti Cabrini e Scirea, a Milano Donadoni. In bianconero però negli anni sono arrivati tanti altri giocatori cresciuti nell’Atalanta, magari non altrettanto dotati sul piano tecnico, ma rivelatisi funzionali.
Il jolly con i giornali nel destino: l’ex juventino ha cambiato vita
Uno di essi magari lo ricordano solo i tifosi meno giovani, di sicuro l’allenatore dell’epoca, che su Roberto Tavola ha sempre saputo contare. Oggi un giocatore così si definirebbe un jolly. Nativo di Lecco, mediano di ruolo, Trapattoni lo reinventò terzino sinistro. Dura la vita da vice Cabrini, ma Tavola seppe sempre rendersi utile nelle rare occasioni in cui fu chiamato in causa nelle tre stagioni in bianconero tra fine anni ’70 e inizio ’80, sempre intervallate da prestiti. Nella sua bacheca figurano due scudetti e una Coppa delle Coppe. Il suo nome sui giornali sportivi finì eccome, seppur magari in un trafiletto. Oggi, invece, la stampa fa parte del quotidiano di Tavola.
Dopo l’addio alla Juve, infatti, la carriera non decollò. Qualche stagione da titolare in C, ma a 30 anni scattò già il momento del ritiro. Dopo qualche investimento sbagliato Tavola ha trovato la propria dimensione nella gestione di edicole in alcuni grandi supermercati dell’hinterland torinese, dove è rimasto a vivere. La sveglia alle 5 è una brutta compagna di viaggio per chi ha conosciuto la vita agiata del calciatore, ma i ricordi restano e il sorriso di chi acquista un giornale di prima mattina è in fondo lo stesso di ex compagni e allenatore quando, nello spogliatoio, sapevano di poter contare su un jolly sempre pronto.