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Dalla gloria in Champions alla miseria: “Il vizietto mi ha rovinato” | Ha sperperato tutto, per mangiare guida gli Uber

Champions League - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Champions League – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Il calcio non vive solo di storie patinate. Le disavventure dell’eterna promessa finita in miseria conquista i tifosi di tutto il mondo.

Dall’altare alla polvere. Quasi senza accorgersene, perché quando ci se ne rende conto è troppo tardi, tutte le possibilità di salvarsi in extremis sono sfumate e ciò che resta è solo un cumulo di rimpianti, oltre all’impellenza di voltare pagina.

La storia del calcio è piena di racconti di calciatori, magari non sempre in possesso di qualità tecniche che avrebbero potuto assicurare loro una carriera lunga e lastricata di successi, ma comunque potenzialmente in grado di vivere di pallone su buoni livelli, che hanno disperso il proprio talento e sprecato la chance offerta loro dal destino.

Poca voglia di allenarsi, scarsa propensione a fare vita da atleta e a compiere i sacrifici necessari imposti ad un professionista. Sono, queste, solo alcune delle cause alla base di carriere mancate, di premesse seminate nei settori giovanili, ma poi non mantenute e non perché il salto nel grande calcio si sarebbe rivelato troppo grande dal punto di vista tecnico.

Dall’Italia al Sud America gli esempi sono e sono stati tantissimi. Il calcio inglese ne ha forniti tanti. Da George Best a Paul Gascoigne, passando per Paul Merson. Leggende o campioni, non baciati dallo stesso talento, ma accomunati dal fatto di non essere riusciti a sfruttarlo al massimo proprio a causa di quei “vizietti” tentatori che si sarebbero rivelati effimeri. L’ultima, agghiacciante storia viene dal Portogallo.

Dalla Coppa dei Campioni alla povertà: la parabola dell’ex campione commuove il mondo

Il Benfica non vince titoli internazionali dal 1962, schiacciato dall’ormai famosa “maledizione di Bela Guttman”. L’ultima finale di Coppa Campioni/Champions League giocata dalle Aquile vide protagonista una squadra italiana, il Milan di Sacchi, che s’impose a Vienna per 1-0 nel 1990. A quel tempo nel vivaio del club biancorosso sgambettavano giocatori che sarebbero diventati campioni, come Rui Costa, ma anche un promettente centrocampista guineense naturalizzato portoghese.

Daniel Kenedy, classe ’74, sembrava un predestinato, essendo arrivato in prima squadra già a 18 anni. Nel ’96 la cessione al PSG, punto più alto di una carriera che sarebbe poi andata rapidamente in picchiata. Non per motivi tecnici e neppure a causa di infortuni. Kenedy si è infatti rovinato a causa del gioco d’azzardo, sperperando i guadagni e accumulando debiti. Intervistato dal quotidiano portoghese ‘Record’, Daniel ha trovato la forza di raccontare il proprio calvario che oggi sembra essersi concluso grazie alla seconda vita iniziata come autista di Uber a Lisbona.

Daniel Kenedy - Instagram danielkenedy.oficial-Ilgiornaledellosport.net
Daniel Kenedy – Instagram danielkenedy.oficial-Ilgiornaledellosport.net

L’ex compagno di Rui Costa autista per necessità: “Il calcio resta la passione più grande”

È, questo, l’unico modo rimasto a Kenedy per cercare di sopravvivere, l’unico lavoro disponibile per provare a saldare un rosso superiore ai 200.000 euro, che lo ha spinto addirittura a fare richiesta di ricorso al beneficio del sussidio sociale. “Quando hai bisogno di soldi inizi ad accumulare debiti, a un certo punto è come una palla di neve che rotola…” ha raccontato Daniel, il cui ingresso nel tunnel risale al 2002.

Le ha tentate tutte per risalire la china, compresa la partecipazione al Grande Fratello Vip portoghese e compreso il ritorno nel calcio, come direttore tecnico dell’Estrela Amadora, avventura durata ben poco. “Il calcio resta la mia vita e la mia passione più grande, ma lavoro in Uber con onore e dignità” ha concluso Daniel, con sul volto il sorriso ritrovato di chi ha conosciuto la disperazione e che anche per questo non ha tempo per i rimpianti.