È troppo tardi: i tifosi sono furibondi, ormai è tutto compromesso I Decisione inevitabile ma tardiva
Il capolinea di Juric, le sue tempistiche e le sue modalità, scatenano la rabbia e gli interrogativi dei tifosi giallorossi: stagione in frantumi e caos totale.
Dall’Udinese al Bologna, dall’Olimpico all’Olimpico, per un viaggio lungo 53 giorni, privo di sorrisi, se non quello illusorio dell’esordio, e un addio destinato a entrare nella storia, per diversi motivi.
Ivan Juric ha ufficialmente smesso di essere l’allenatore della Roma subito dopo il fischio finale della partita contro il Bologna, ùla prima sconfitta interna della propria infelice gestione. In fondo, però, il tecnico croato, il peggiore degli ultimi 20 anni di Roma, media-punti alla mano, con l’universo giallorosso aveva chiuso già da tempo.
Anzi, secondo qualche tifoso non aveva neppure “aperto”, sebbene l’ex allenatore del Torino non sia mai stato il bersaglio principale della contestazione del popolo giallorosso, di un malumore che si è trasformato in aperto e duro dissenso dal fischio finale della gara che ha aperto (ufficialmente) la nuova crisi.
Troppo pesante da assorbire per i tifosi l’esonero di De Rossi, otto mesi dopo quello di Mourinho, per evitare che qualunque successore si trasformasse in una vittima sacrificale, in un professionista forzatamente di passaggio, che ha finito per bruciare sé stesso e quanto rimaneva delle ambizioni stagionali.
Roma, Juric e l’esonero… senza esonero
In fondo, per capire che tutto fosse scritto da tempo basta leggere il comunicato con cui la Roma ha fatto “intuire” l’esonero di Juric: “Nota del club” come titolo e poi via subito al cuore del problema, senza neppure fare accenno esplicito ad una decisione così attesa da diventare una non notizia: “Vogliamo ringraziare Ivan Juric per il suo duro lavoro nelle ultime settimane”. Dodici parole che hanno accresciuto lo sbigottimento del popolo romanista.
“L’obiettivo dei Friedkin è a lungo termine e vogliono vincere” le parole del ds Ghisolfi subito dopo la “nota”. Un concetto incomprensibile per la quasi totalità della tifoseria, che in 50 giorni ha assistito al bignami di quanto di peggio può accadere in una stagione: liti di spogliatoio, pesanti sconfitte e chances di qualificazione alle Coppe compromesse.
Caos Roma, la furia dei tifosi e quella domanda senza risposta
E allora, se tutto era già quasi deciso, se anche lo stesso Juric sapeva di essere un dead coach walking, al netto delle ultime dichiarazioni, perché trascinare quello che era diventato quasi da subito un calvario? Perché non svoltare dopo Firenze, o magari dopo l’Elfsborg? Perché aspettare la sosta bruciando altri punti, in aperta contraddizione con gli obiettivi dichiarati dalla proprietà?
La piazza invocava da tempo una decisione che, evidentemente, era stata programmata solo durante la sosta, a patto che il gruppo non si rendesse protagonista di un’impennata di orgoglio. Non è accaduto, ma il tempo perduto non tornerà. Al successore di Juric spetterà un compito improbo: raccogliere i cocci dello sfacelo durante la sosta e lavorare a tempo di record per provare a rimetterli insieme. Con, quale unica missione per i prossimi sei mesi, quella di salvare quel che resta della faccia.