Sinner sbotta, decisione presa: “Il successo non mi ha cambiato, ma…”
Il numero 1 del tennis mondiale non può più nascondersi: nella confessione a 360° c’è spazio per l’ammissione più sofferta.
Da Riad Parigi, poi rotta su Torino e infine tappa a Malaga. Se non ci fosse da allenarsi e giocare, con il rischio di stare in campo a scagliare palline per tre o quattro ore a match, il mestiere del tennista sarebbe il più bello e appagante del mondo, sotto tutti i punti di vista.
Quale altro lavoro permette di girare in poche settimane le città più belle del mondo venendo pure pagati lautamente? Certo, si va lì appunto per lavorare e non per fare i turisti, quindi le bellezze artistiche delle città le si vede solo durante i trasporti, rigorosamente blindati. Fatto sta che il tour di cui sopra è un modo niente male per chiudere un anno solare…
A poterselo permettere sono però solo i più forti del mondo, perché se il 1000 di Parigi-Bercy è mandatory, le ATP Finals torinesi e la Final Eight di Davis in Spagna sono riservati rispettivamente ai migliori dell’anno solare e… ancora ai migliori, dato che, Serbia a parte, a contendersi l’Insalatiera saranno le nazioni dei più forti.
Jannik Sinner è ovviamente pronto per guidare il “plotone”, senza potersi permettere di concedere qualcosa alla fatica dal momento che in Francia il numero 1 del mondo è arrivato direttamente dall’Arabia Saudita, dove ha disputato, e ovviamente vinto, il Six Kings Slam, il torneo esibizione riservato ai primi cinque del ranking più la guest star Rafa Nadal.
Alcaraz-Sinner, nuova polemica: i nuovi re del tennis sono agli antipodi
Gli arabi hanno messo a disposizione dei “re” un montepremi ricchissimo, tema che ha scatenato il dibattito. Tra un’intervista e gli immancabili commenti social gli appassionati si sono divisi tra il “fronte” Alcaraz e quello di Sinner. Lo spagnolo ha ammesso di essere andato a Riad anche per il montepremi, Jannik ha ribadito di “non giocare per soldi”. Bluff o meno, i concetti espressi evidenziano tutta la differenza che intercorre tra i Millennials terribili del tennis mondiale.
Muscolare il murciano, che gioca 12 mesi all’anno in canotta ed è piuttosto scenografico, più minimal l’altoatesino, le cui magliette concedono poco alla moda e che in campo non protesta mai. Questione di approccio alla professione e di stile di vita. O forse di come si cambia dopo essere diventati ricchi e famosi. O ancora di come non lo si fa. Parola dello stesso Jannik, che si è confessato in tv.
Sinner e l’ammissione più dura: il sofferto sacrificio diventa realtà
Nel corso del lungo documentario prodotto da Sky Sport, ‘Jannik, oltre il tennis – Capitolo 3’, Sinner ha aperto il proprio cuore parlando di tutto. Dal caso doping a come è cambiata la propria quotidianità, fino alla dolorosa scelta di lasciare l’Italia per spostare la propria residenza a Montecarlo, alla base del quale non ci sono certo motivi di snobismo, né economici: “Il successo non mi ha cambiato – ha assicurato Jannik – ma ho meno tempo libero perché dedico tutto al lavoro”.
Nulla di nuovo, chi conosce Sinner sa bene come la sua scala di valori sia ben definita. Il lavoro e i guadagni sono importanti, ma gli affetti molto di più. Solo che la professione intrapresa obbliga a dare la priorità agli allenamenti e a una vita sana. Ergo, il piccolo mondo antico della Val Pusteria è un rifugio al quale si può ricorrere a piccole dosi, senza più farne il quartier generale: “Se volessi, potrei tornare a casa, ma non voglio perché la mia carriera è iniziata quando a 13 anni e mezzo sono andato via” ha concluso Sinner. Famiglia, amici e concittadini lo sanno bene. Al pari, ora, del resto degli italiani.