Inter e Juve, apoteosi dei ribaltoni: il verdetto c’è, ma non dice tutto, e Inzaghi e Thiago tremano
A San Siro è stata scritta una pagina di storia del calcio italiano, ma il messaggio della partita va oltre lo spettacolo e il risultato.
Il 27 ottobre 1963 la Juventus giocò e vinse un derby bollente contro il Torino, passato alla storia per la scazzottata tra Omar Sivori e Giorgio Ferrini, anime delle rispettive formazioni. Arbitro del match era Carlo Gambarotta di Genova, già nella storia per aver arbitrato un derby d’Italia molto particolare.
Due anni prima Juve-Inter finì 9-1, ripetizione di una gara, decisiva per lo scudetto, sospesa per invasione di campo dei tifosi bianconeri. Nel match-bis i nerazzurri mandarono in campo per protesta la Primavera, con un debuttante Sandro Mazzola. Ebbene, era da quell’anno che le due grandi rivali del calcio italiano non confezionavano una partita con almeno otto gol. Che non poteva che giocarsi il 27 ottobre…
Il derby d’Italia numero 251 resterà nella storia per il risultato e i tanti primati fissati, ma come spesso accade negli scontri al vertice il risultato non dice tutto. Va letto in filigrana, anche in base all’andamento della partita. Perché se, classifica alla mano, il match ha prodotto due “feriti”, Inzaghi e Thiago Motta, e un fuggitivo, il Napoli di Antonio Conte, la sfida che ha avvicinato per una notte la Serie A alla Premier ha detto molto di più.
Una partita con otto gol e un’altra mezza dozzina di occasioni non può che essere un match-contenitore. Nei 95 minuti del Meazza ci sono state tante micro-partite, nelle quali la quantità di errori tattici commessi dalle due squadre quasi sovrasta quello delle belle giocate. La capacità di reagire agli svantaggi è stata fulminea da ambo le parti e le energie non finivano mai. Ecco, di questo Conte può preoccuparsi: se Inter e Juve giocano con questa intensità dopo le fatiche di coppa…
Juventus, il derby d’Italia rifà la storia: Thiago Motta tra coraggio e intuizioni
I giocatori della Juventus hanno rischiato di tornare a casa con una sconfitta agli antipodi di quella contro lo Stoccarda. Tanto generosa nel punteggio quella di Champions, quanto quella di San Siro avrebbe potuto essere rovinosa. E invece sul pullman verso Torino ad appesantire i borsoni dei bianconeri è stato solo il valore di un risultato che vale molto più del punticino. Dopo la folle notte di Lipsia, Thiago ha messo un altro mattoncino nella costruzione della nuova identità di squadra.
Si diceva dei primati e anche qui a sorridere è solo il pianeta bianconero. Mai infatti la Juve era scesa in campo contro l’Inter con una formazione dall’età media più bassa. Inesperienza scotto da pagare? Niente affatto, perché a “tradire” Thiago, capace comunque di vincere il duello a distanza con il collega tra formazione iniziale e cambi, sono stati gli esperti (Danilo) e i giovani “maturi” (Fagioli). Non i rookie, da Conceiçao a Savona fino a Yildiz, il più giovane bianconero di sempre a segnare due gol in una sola partita all’Inter.
Enigma Inter: big in crisi e blackout, Inzaghi a caccia di soluzioni
Altrettanto inevitabile è che il bicchiere dei campioni d’Italia sia ai limiti del vuoto. Da egregio alfiere della generazione di allenatori ibrida tra “risultatismo” e “giochismo” Simone Inzaghi sa bene di non potersi cullare sulla stravittoria mancata. Di Gregorio e un pizzico di sfortuna hanno impedito lo scatto decisivo a metà ripresa, ma si tratta di un alibi tutt’altro che ferreo. Ad oggi la cosa migliore per l’Inter è la classifica, in campionato come in Champions. Per il resto le riflessioni da fare devono andare di pari passo con le soluzioni.
Le assenze di Acerbi e Calhanoglu non bastano per spiegare una fase difensiva letteralmente scoppiata per lacune tattiche, ma anche individuali. Tratti dell’Inter che fu fino a maggio oggi si vedono per buona parte delle partite, ma mai per 90 minuti. Età media elevata, un pizzico di appagamento psicologico e individualità appannate alcune delle spiegazioni. Fatto sta che dopo il derby anche il secondo crash test è stato (quasi) fallito. Il volto dell’Inter di oggi è quello di un Barella chiamato a fare pentole e coperchi e di un Lautaro la cui crisi e il cui nervosismo non si possono più spiegare solo con il deficit di preparazione. Il prossimo derby d’Italia si giocherà a febbraio. Quando, di solito, si decidono gli scudetti…