“Lazio, vale la Champions”: Baroni lo aveva detto, e il turnover era un segnale I Ora i tifosi non hanno più dubbi, è la Lazio del mister
I biancocelesti vincono il mal di trasferta e brindano ad un super debutto in Europa: il tecnico convince anche gli ultimi scettici.
La prima da allenatore in Europa Marco Baroni non aveva forse neppure osato di immaginarsela così. Un traguardo al quale aspira ogni allenatore e che non si smette di inseguire neppure dopo anni di carriera, anche se questa sembra indirizzarsi verso orizzonti lontani dall’aria continentale.
E dire che il contesto, il campo neutro di Amburgo che ha ospitato la sfida tra la Lazio e la Dinamo Kiev, in una notte comunque storica in quanto la prima dell’Europa League con la nuova formula, non sembrava il migliore per andare in cerca di certezze e di risposte dalla squadra, appena tre giorni dopo una sconfitta bruciante. Non aveva osato immaginarsela così, Baroni, perché con le Coppe c’era un conto aperto da saldare, risalente a oltre 30 anni fa.
Da difensore, infatti, il tecnico fiorentino aveva appena flirtato con l’Europa, raccogliendo solo… due di picche. Una toccata e fuga nella fallimentare avventura della Roma in Coppa delle Coppe nel 1986, poi la doppia avventura con il Napoli. In Coppa Uefa nel 1989-’90, l’anno dopo il trionfo di Stoccarda e in Coppa dei Campioni l’anno successivo. I rimpianti si legano proprio a quella notte del 7 novembre 1990 a Mosca.
Quella che per molti è passata alla storia come la partita del Maradona a mezzo servizio, quando Diego entrò in campo solo nella ripresa, conseguenza di una vigilia turbolenta tra il rifiuto di partire e la mediazione dei compagni, alla quale seguì il viaggio in solitaria a proprie spese. La gara si trascinò ai rigori e l’errore decisivo dal dischetto fu di Baroni.
È già la Lazio di Baroni: Firenze è cancellata, che risposta in Europa League!
Proprio lui, per sempre nella storia del Napoli grazie al colpo di testa che sancì la conquista dello scudetto 1990. Segnato, manco a dirlo, alla Lazio. Baroni non avrebbe più vissuto notti europee da giocatore e forse mai avrebbe pensato di farlo da allenatore dopo una carriera tra le serie minori, prima della chiamata di Lotito. Ad Amburgo, però, è andato tutto alla perfezione. Complice, certo, una Dinamo alle prese con mille problemi, ma la Lazio è stata perfetta. Anche grazie alle scelte del suo allenatore.
Il turnover annunciato alla vigilia aveva fatto storcere il naso a più di un tifoso e di un addetto ai lavori. Vero che all’orizzonte c’era la trasferta contro il Torino capolista, ma quella trequarti stravolta rispetto a Firenze e all’assetto ormai battezzato come titolare preoccupava non poco. Partire male in Europa e incassare la quarta sconfitta su quattro gare lontano dall’Olimpico avrebbe potuto rovinare la buona partenza del nuovo corso.
Turnover ragionato e tutti protagonisti: la ricetta vincente della nuova Lazio
Baroni ha saputo essere credibile agli occhi della squadra, dando seguito all’ammonimento della vigilia: “Giochiamo contro un avversario che è sceso dai preliminari di Champions, dovremo fare attenzione”. Ecco allora che la Lazio ha rispettato la Dinamo, al di là della modifica dell’ultim’ora della formazione, con Dia titolare in attacco al posto di Noslin e Pedro alle sue spalle. Il dominio biancoceleste al Volkparstadion è però andato al di là del risultato rotondo e dei singoli.
Il margine sarebbe potuto essere anche più ampio e vincere di goleada in Europa non è più facile come un tempo. Ancora di più per una formazione così rimaneggiata, composta da giocatori che non avevano mai giocato tutti insieme. Ripartire dopo la doccia fredda del Franchi era fondamentale e la Lazio l’ha fatto nel migliore dei modi. Dando spettacolo, risparmiando parecchi titolari e pure molte energie, dato che la gara era in ghiaccio già all’intervallo. Altri esami arriveranno, ma quel conto aperto con l’Europa Baroni ha iniziato a saldarlo…