“Sarei rimasto a vita, ma…”: il duro sfogo dell’ex non lascia appelli I “Il Club? Non ti permettono di fare neanche un saluto ai tifosi”
Dire addio ad una maglia diventata una seconda pelle è difficile per tutti: tifosi sotto shock dopo l’inatteso sfogo di un idolo storico.
Quello delle bandiere nel calcio è un tema sempre attuale e scottante. La loro presenza nei club di tutto il mondo è ormai sempre più rarefatta, diretta conseguenza di un universo, quello pallonaro, nel quale gli interessi economici hanno il sopravvento su tutto, compresi gli affetti.
I punti di vista sono opposti e difficilmente conciliabili. Secondo la società la colpa di molti addii dolorosi è da attribuire ai giocatori stessi o ai rispettivi agenti, che invocano rinnovi a peso d’oro o creano situazioni di tensione tali da arrivare ad una brusca separazione. Il parere della controparte è chiaramente molto diverso.
La variabile è rappresentata dal fatto che quasi sempre a spalleggiare il giocatore-simbolo è anche la tifoseria. Ai sostenitori più romantici di una squadra, infatti, si può toccare tutto tranne che la maglia e i giocatori che l’hanno onorata per anni, magari dopo aver rifiutato offerte di trasferimento vantaggiose.
Chi di bandiere ne ha appena ammainate più di una è la Lazio. Un nuovo ciclo è appena iniziato con Marco Baroni in panchina e, sul campo, tanti nuovi giocatori, più o meno giovani, ma animati dalla volontà di farsi apprezzare dalla tifoseria, inevitabilmente ancora legata ai campioni appena partiti.
Lazio, le verità di Luis Alberto: il Mago si sfoga a cuore aperto
Da Ciro Immobile a Felipe Anderson, fino a Luis Alberto. Il Mago è approdato in Qatar, all’Al-Duhail, pochi mesi dopo aver firmato quello che sembrava un rinnovo a vita. Eppure, l’ex Liverpool non ha dimenticato la Lazio e lo ha fatto capire attraverso una toccante lettera aperta, pubblicata da ‘Cronache di Spogliatoio’.
La “missiva” contiene retroscena sullo spogliatoio biancoceleste degli ultimi otto anni, tanto è durata la militanza a Formello dello spagnolo, ma anche duri attacchi alla società. Del resto che il rapporto tra Luis Alberto e il presidente Lotito non fosse idilliaco e abbia vissuto parecchi alti e bassi lo si sapeva…: “Non sarei mai andato via dalla Lazio. Sarei rimasto a vita, ma purtroppo non c’è un giocatore che sia uscito bene da lì perché non parlano in faccia, ed è un peccato. Guardate Cataldi, che era lì fin da piccolo”.
Dal rapporto con Inzaghi al sogno scudetto: Luis Alberto rivive otto anni di Lazio
Parole molto dure, che però non cancellano le emozioni provate da Luis Alberto nelle tante stagioni disputate con l’Aquila sul petto. Stagioni di gol e giocate “visionarie”, ma anche di titoli vinti. Anche se quello più sognato di tutti è svanito sul più bello…: “Nel 2020 avremmo potuto vincere lo scudetto. Eravamo lì, poi è arrivato il Covid, ma senza ce la saremmo giocata fino all’ultima giornata. Appena il campionato è ripreso abbiamo avuto tanti infortuni e il ritmo non era più lo stesso. Ne abbiamo parlato tante volte tra di noi”.
Sulla panchina di quella Lazio c’era Simone Inzaghi, un vero e proprio padre calcistico per Luis Alberto, che fu imposto come titolare dall’attuale tecnico dell’Inter dopo una stagione di “apprendistato”: “Per noi Inzaghi non era soltanto un allenatore, era come un padre calcistico. Con lui anche chi non giocava era contento. Fa la differenza sotto l’aspetto umano”. La chiusura è una vera e propria dichiarazione alla Lazio intesa come “istituzione”, accompagnata da una fredda considerazione riguardo al momento storico nel quale un ciclo si è chiuso: “La Lazio è una società speciale, però non per le persone che ci sono dentro, ma per quello che c’è fuori. Noi eravamo felici dentro perché c’erano Inzaghi e Tare. Dopo quel periodo è finito tutto”.