Sinner tritatutto: 2024 da urlo, altro che chiacchiere e accuse, la sua bacheca è stracolma, titoli in faccia ai criticoni
Il numero 1 del mondo ha messo in bacheca il secondo Slam della carriera: i segreti di un campione che il mondo invidia all’Italia.
Dopo Melbourne, New York. Ora chiamatelo “l’anti-Europa”, o “il re del cemento”. In attesa di conquistare anche Parigi e Londra Jannik Sinner ha piantato la seconda bandierina nel pianeta degli Slam. Dopo gli Australian Open anche gli US Open, come a chiudere idealmente un anno solare che si era aperto con il suo nome a spopolare.
Le cronache tennistiche e non solo sono ormai piene delle gesta dell’altoatesino numero 1 del mondo. Un inno all’umiltà e alla semplicità, il figlio che ogni madre e ogni padre vorrebbero avere e il genero sognato da qualsiasi suocera. Il tutto senza dimenticarsi di sfoderare quando serve una grinta e una freddezza implacabili sul campo.
Il trionfo di Flushing Meadows ha avuto modalità opposte rispetto a quello dello scorso gennaio a Melbourne. Dall’altra parte del mondo uno Jannik non ancora numero 1 del mondo, alla prima finale ATP e ancora con un solo Masters 1000 in bacheca sfiorò l’abisso in tre set, prima di una poderosa rimonta.
Daniil Medvedev fece i conti con il carattere di Jannik, che dopo aver rischiato la disfatta risalì la china grazie al proprio bagaglio tecnico e ad una superiore freschezza atletica rispetto al russo. A New York non c’è stato bisogno di tutto questo, dal momento che il pur motivatissimo Taylor Fritz non è riuscito a mascherare il divario che ancora lo separa dai migliori del mondo.
Dall’Australia agli Stati Uniti: i due trionfi Slam così uguali e così diversi di Jannik Sinner
Allo statunitense non è bastato giocare davanti a quasi 25000 spettatori, tutti dalla propria parte, per andare oltre a qualche sussulto. Un buon servizio, cresciuto alla distanza, e poco altro. Costantemente in difficoltà negli scambi lunghi Fritz è stato tradito anche dal carattere, non riuscendo a conservare il break di vantaggio sul 4-3 del terzo set che gli avrebbe permesso di riaprire il match.
Sinner ha confermato di essere in possesso di una freddezza unica nei punti chiave di ogni partita. Lucido nel recuperare il break, Jannik non ha tremato nei games successivi, chiudendo l’incontro al primo match point. Tutto normale per un numero 1 del mondo? Sì, ma non se il campione in questione ha appena 23 anni ed ha già inanellato numeri da brividi.
Sinner, una carriera a suon di record: e che risposta ai critici!
Sinner è infatti solo il quarto nella storia ad aver vinto Australian e US Open nello stesso anno, dopo Mats Wilander, Roger Federer e Novak Đjokovic, questi ultimi due riusciti nell’impresa per ben tre volte. Non solo. Insieme ai Big Three a Andy Murray e Pete Sampras Sinner è l’unico che è stato capace di superare gli 11000 punti nel ranking ATP, ma il più giovane in assoluto ad avercela fatta.
I record sarebbero tanti altri e del resto non si arriva a quest’età a vincere 16 titoli (con due 1000 e due Slam tra gli ultimi otto), sei solo nel 2024, se non si è predestinati e se non si lavora con costanza per non disperdere il talento. A tutto questo si aggiunga il carattere e il fair play. Quelli che gli hanno permesso di ripartire dopo il caso doping e di andare oltre le critiche, anche gratuite e velenose da parte di colleghi, relative ad un caso che è stato analizzato per mesi con attenzione e che lo ha visto vittima inconsapevole. La commovente dedica alla zia dopo il trionfo newyorkese è solo l’ultima conferma: lo sport italiano ha trovato un campione con pochi precedenti, non solo sul piano tecnico.