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Il mistero del Clostebol: cos’è davvero? Sinner e gli altri: storie di pomate e doping, illazioni e verità

Jannik Sinner - Instagram @janniksin - Ilgiornaledellosport.net
Jannik Sinner – Instagram @janniksin – Ilgiornaledellosport.net

Lo scampato pericolo vissuto dall’altoatesino riporta alla memoria “misteri” del passato nel controverso rapporto sport-doping.

Quello tra sport e doping è un rapporto inevitabilmente tormentato e non solo perché qualsiasi sostanza illecita che possa migliorare le prestazioni è da ritenere la negazione sostanziale dello sport in quanto tale, da intendersi come la profusione del massimo sforzo fisico, senza contaminazioni esterne, per superare l’avversario.

Lo spettro delle sostanze dopanti aleggia sulla pratica sportiva fin dall’antichità e la storia di quasi tutte le discipline contiene purtroppo casi più o meno illustri di positività che hanno fatto scalpore e, in qualche caso, anche interrotto se non definitivamente spezzato carriere che sembravano avviate verso la gloria.

I corollari sul tema sono però tanti, dal momento che, come noto, il doping riesce spesso a correre più veloce rispetto all’antidoping e ovviamente dello sport stesso. Le cronache sono purtroppo piene di sedicenti medici trasformatisi in stregoni per somministrare agli atleti sostanze non lecite con adeguati “coprenti”, indispensabili per superare indenni i controlli antidoping.

Le federazioni internazionali dei vari sport aggiornano di continuo l’elenco delle sostanze non consentite e in questo senso tanto è stato fatto in diverse discipline per cercare di superare una piaga difficile, tuttavia, da debellare in via definitiva. Un capitolo a parte è quello delle cosiddette positività involontarie, che vedono l’atleta vestire i panni della vittima.

Clostebol: cos’è e perché è vietato nello sport

Il caso di Jannik Sinner è solo il più recente, ma ha inevitabilmente fatto scalpore alla luce della notorietà dello sportivo in questione. Nelle urine di colui che è attualmente il più forte tennista al mondo sono state trovate tracce infinitesimali di Clostebol in due controlli avvenuti durante il torneo di Indian Wells, ad aprile. Ma cos’è questa sostanza, che aveva già rischiato di essere fatale a diversi calciatori?

Il Clostebol acetato è uno steroide anabolizzante che si può trovare in farmaci da banco utilizzati per velocizzare la cicatrizzazione di lesioni cutanee, ferite o abrasioni. Da un punto di vista chimico si tratta di una sostanza simile al testosterone. Creme o spray a base di Clostebol sono acquistabili liberamente in farmacia e parafarmacia senza alcuna prescrizione medica, ma nel foglietto illustrativo vengono citati esplicitamente i rischi legati al doping per gli atleti. Nello specifico l’International Tennis Integrity Agency (ITIA) lo vieta perché, fungendo da anabolizzante, favorisce la stimolazione della produzione di molecole complesse quali lipidi e proteine.

Marco Borriello - Foto Lapresse - Ilgiornaledellosport.net
Marco Borriello – Foto Lapresse – Ilgiornaledellosport.net

Doping involontario, i casi più controversi nel calcio

Quattro mesi di indagini approfondite hanno permesso di scagionare Sinner, vittima di una contaminazione da parte del proprio fisioterapista, Michele Naldi. Il professionista in questione aveva infatti assunto Clostebol per curare la ferita a un dito e ha finito per contaminare Jannik attraverso il contatto con una ferita aperta del tennista. Niente squalifica, quindi, e danno contenuto alla sottrazione dei punti ATP e del montepremi relativi al torneo in questione. Anche il calcio è pieno di storie simili, più o meno controverse. Proprio il Clostebol era stato infatti rintracciato nel luglio 2022 nelle urine di José Luis Palomino.

L’allora difensore dell’Atalanta rischiò una squalifica di quattro anni, salvo poi venire assolto proprio per assunzione involontaria. Niente lieto fine invece per il Papu Gomez, la cui avventura al Monza è stata troncata sul nascere nel 2023 da una positività alla terbutalina, risalente al periodo trascorso al Siviglia e dovuta, secondo il giocatore, all’assunzione di uno sciroppo del figlio. Due anni di squalifica e carriera di fatto finita. Meglio andò a Marco Borriello, fermato nel 2007 per sei mesi per la positività a metaboliti del cortisone. Vano fu il tentativo di giustificarsi ammettendo l’assunzione di una crema al cortisone per curare un’infezione alle parti intime.