70 anni di solitudine: Milan, finisce una dinastia, la più lunga storia d’amore termina qui, tra lacrime e amarcord
Il mercato rossonero è entrato nel vivo: gli acquisti fioccano, ma a fare rumore è una cessione che chiude un’era irripetibile.
Si chiama Strahinja Pavlovic, è un colosso di 23 anni e poco meno di due metri. Spetterà a lui il compito di guidare la difesa del nuovo Milan. Il nazionale serbo, reduce da un Europeo giocato da titolare con la propria nazionale, seppur durato solo tre, amare partite, così come era accaduto due anni fa al Mondiale in Qatar, rappresenta proprio il giocatore che Fonseca cercava: forte sull’uomo, ma affidabile anche in campo aperto.
Chissà però se l’ex difensore anche del Monaco, prelevato dal Salisburgo, è già consapevole di essere diventato ufficialmente un giocatore del Milan in un giorno molto particolare della storia del club rossonero. Quello nel quale un capitolo ultradecennale e carico di trofei si è chiuso, quasi sicuramente per sempre. La “colpa” è di un’operazione di mercato passata in secondo piano.
Mentre infatti i tifosi e lo stesso Fonseca salutavano con soddisfazione l’ufficialità dell’arrivo di Pavlovic, il ds Moncada e i suoi collaboratori, compreso Zlatan Ibrahimovic, chiudevano la cessione di Daniel Maldini al Monza. L’esterno d’attacco figlio d’arte, classe 2001, torna quindi ad indossare la maglia del club brianzolo, la stessa con la quale aveva brillato nella seconda parte della scorsa stagione.
La differenza è che questa volta non si tratta più di un prestito, bensì di un affare a titolo definitivo. Il Milan non si è riservato neppure l’eventuale diritto di riacquisto, accontentandosi del 10% sull’eventuale, futura rivendita. Così, poco più di un anno dopo l’improvviso licenziamento subito da papà Paolo, anche l’ultimo erede della dinastia Maldini ha svestito i colori rossoneri.
Daniel Maldini saluta il Milan: è la fine di un’epoca
Eccola, l’era che si chiude, amaramente proprio nell’anno che vedrà la società rossonera festeggiare a dicembre i 125 anni dalla propria fondazione. Società e tifosi si augurano di spegnere le candeline metaforiche con la squadra in vetta al campionato e ben posizionata nel girone di Champions League, ma ai tifosi, non solo quelli nostalgici, non si potrà negare un pizzico di nostalgia.
Ben 70 di storia del Milan hanno infatti visto almeno un esponente della famiglia Maldini fare parte del club. Giocatore e capitano, oppure allenatore per un breve periodo e poi dirigente. Dire Maldini significava dire Milan, per la sequenza da record di titoli vinti da Cesare e Paolo, entrambi capaci di alzare una Coppa Campioni da capitani, nel 1963 e nel 2003, e per i record di presenze.
Cesare, Paolo e Daniel Maldini: 70 anni di storia rossonera
Era il 1954 quando Cesare arrivò dalla Triestina per imporsi subito come titolare. Identica l’evoluzione rispetto a Paolo, dal momento che padre e figlio sono nati terzini per poi trasformarsi in implacabili difensori centrali. Dopo aver chiuso la carriera nel Torino Cesare tornò subito a casa come allenatore e collaboratore di Nereo Rocco fino al 1974. Da sei anni, intanto, era nato Paolo, che nel vivaio rossonero entrò nel ’78 per poi debuttare in prima squadra a 16 anni e restarvi fino al 2009, battendo ogni record di presenze e trofei con il Diavolo.
Quando tornò al Milan da dirigente, nel 2018, Daniel giocava già nelle giovanili rossonere da otto anni. La sua carriera non raggiungerà mai i vertici di nonno e padre, eppure il ragazzo ha comunque fatto in tempo a vincere uno scudetto con la squadra del cuore, prima di intraprendere una serie di prestiti che avevano già fatto capire quale sarebbe stato l’epilogo. In un calcio in cui le bandiere non vanno più di moda è crollato anche l’ultimo baluardo familiare.