Italia ‘penalizzata’, in Europa lo fanno ma qui non si può | Chiamato in causa anche il Governo
Il calcio italiano sta tornando competitivo nelle coppe, ma i problemi non finiscono mai: i club lanciano un nuovo allarme.
Campo e… fuoricampo. Se il compito di allenatori e giocatori è “solo” quello di allenarsi bene e prepararsi al meglio per le partite da disputare, la vita di un dirigente calcistico non si limita al mercato, tra acquisti da impostare e contratti da rinnovare.
Da una parte c’è la stagione che prosegue ed anzi entra nel vivo, con la ripresa delle coppe europee, iniziando il rush finale che si congiungerà direttamente con l’inizio di Euro 2024. Dall’altro, i temi sempre scottanti legati alla politica calcistica, che sono di competenza proprio di presidenti e amministratori.
Da tempo ormai, troppo in verità, in Italia si parla di riforme, senza che queste vengano poi mai realmente attuate. Troppe le componenti da mettere d’accordo e in particolare troppo diversi sono gli interessi delle stesse per sperare di arrivare a un’intesa. Sul tavolo c’è il bene comune, la salute del calcio italiano, da raggiungere però senza sacrificare… il benessere di ciascuno.
Si pensi all’ormai annosa questione che riguarda il format dei campionati. Diminuire il numero dei club professionistici è una necessità per l’intero sistema, ma se un nuovo format della Serie C può essere alle porte, magari con il ritorno al semi-professionismo, nulla cambierà a breve ai piani alti.
Calcio e Governo, il braccio di ferro è senza fine
L’iniziativa di Inter, Juventus e Milan di riportare la Serie A a 18 squadre, come accaduto fino al 2004, è infatti caduto nel vuoto di fronte alla ferma opposizione delle medio-piccole, inevitabilmente compatte nel cercare di conservare quei due posti preziosissimi a livello di incassi, tra sponsor e diritti tv.
Quello del numero delle squadre è però solo uno dei tanti argomenti attorno ai quali si dibatte, anzi si discute, all’interno del calcio italiano. Un tema che vede quasi tutte le società schierate dalla stessa parte è quello che concerne il tentativo di convincere il Governo ad abrogare il cosiddetto “Decreto Dignità”, quello che vieta alle società di farsi sponsorizzare da agenzie di betting. Quasi un’esigenza, alla luce anche dei numeri che arrivano dal resto d’Europa.
Serie A, la mappa dei main sponsor: quanto influisce il Decreto Dignità
‘The UEFA European Club Finance and Investment Landscape’, rapporto semestrale tenuto dalla UEFA sul panorama economico-finanziario dei circa 700 club di prima divisione in Europa, ha infatti portato alla luce cifre inequivocabili. Ben il 23% degli sponsor di maglia in Europa è legato al mondo delle scommesse. Una cifra che vale il secondo posto assoluto con il 13% alle spalle del settore del retail (14%), considerando anche i back e gli sleeve sponsors.
Va da sé che per un movimento come quello italiano da tempo destinato a rincorrere l’Inghilterra e non solo in termine di ricavi e di potere di spesa, e che in estate vedrà il primo mercato dopo l’abolizione del Decreto Crescita, il Decreto Dignità venga visto negativamente da parecchi presidenti e dirigenti. Chissà se cambierà qualcosa, nell’attesa a sorridere sono i rappresentanti del turismo, che è attualmente l’industria di riferimento in Serie A per il main sponsor.